Giacomo Matteotti

E’ “una poetica delle mani” quella a cui dà forma lo scultore di Falcade, Augusto Murer, tra il 1975 e il 1978 per onorare la memoria di Giacomo Matteotti, rapito e assassinato da una squadra fascista il 10 giugno 1924. Sono mani in bronzo caricate della tensione del sacrificio e del dolore fisico e spirituale di chi lotta per la libertà. Ci invitano a tenere sveglia la coscienza e a condannare senza esitazioni ogni forma di dittatura, ogni sopruso che umilia la libertà e la dignità dell’essere umano.

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L’opera

Sorretto da un fascio di canne palustri, che rimandano all’identità del Polesine e al vigore della sua gente, il braccio destro punta con forza l’indice della mano contro quell’altra mano, dalla parte opposta del monumento. E’ la mano violenta del sistema dittatoriale che uccide chi osa opporsi alla logica dei soprusi. Più in basso, una terza mano racconta l’ultimo spasimo di dolore della vittima. Su di lei la bandiera nazionale si affloscia e perde ogni virtù.

La storia del monumento inizia nel 1975, quando la città di Rovigo intende dare sistemazione alla piazza antistante il castello medioevale con le torri Grimani e Donà. L’incarico per il bronzo è affidato allo scultore di Falcade e allievo di Arturo Martini, Augusto Murer, al tempo nel pieno della sua attività internazionale. L’opera è completata e installata nel 1978. Non ha mai avuto una cerimonia di inaugurazione degna. 

Chi è Giacomo Matteotti?

“(…) Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla giunta delle elezioni”.  

Sono le ultime parole del lungo discorso tenuto alla Camera dei Deputati il 30 maggio 1924 dall’onorevole Giacomo Matteotti (1885-1924).

Sono le parole di un uomo e di un politico che della difesa della libertà e della lotta contro il Fascismo ha fatto il suo motivo di esistere, al punto tale da accettare con lucida consapevolezza i rischi della sua solitaria battaglia.  

Infatti, il 10 giugno 1924 è rapito e assassinato.  La matrice fascista del delitto è un fatto acquisito dalla storiografia.

Giacomo Matteotti nasce a Fratta Polesine, a pochi chilometri da Rovigo, il 22 maggio 1885. La sua casa natale oggi è museo nazionale. 

Dopo il liceo classico, che frequenta a Rovigo, si laurea in Diritto penale, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Ma la sua vera vocazione è quella politica. Dal 1910 è tra i protagonisti della vita politica e amministrativa del Polesine come sindaco di Villamarzana e presidente della Provincia di Rovigo.

Si esprime apertamente contro la guerra in Libia nel 1912 e contro l’ingresso dell’Italia al primo conflitto mondiale nel 1914. E’ impegnato ad animare le leghe contadine del rodigino contro lo squadrismo degli agrari nel 1919 e nell’autunno dello stesso anno, per la prima volta, è eletto deputato per il Collegio di Rovigo e Ferrara. 

Si distingue da subito per la sua intransigenza e per il suo attivismo, così da meritare il soprannome di “La tempesta”.

Nel ‘21 e nel ‘24 è riconfermato in Parlamento per il collegio di Padova e Rovigo. 

In questi anni, presenta numerose proposte di legge in materia di imposte locali, di riforma elettorale degli enti locali e sulla scuola. Ma è la coraggiosa battaglia che conduce contro il Fascismo a contraddistinguere il suo impegno a livello nazionale. 

I suoi libri “Fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia”  del 1923 e “Un anno di dominazione fascista” del 1924 si presentano come un rigoroso e documentato atto di accusa contro la violenza e la corruzione del regime. 

Nonostante le insistenti intimidazioni, Giacomo Matteotti non piega la testa, non sceglie il silenzio, non rinuncia alla denuncia mai.

L’autore: Augusto Murer

Bisogna andare sulle montagne bellunesi, attraversare i boschi, frequentare la gente di Falcade, per ritrovare l’animo dello scultore Augusto Murer e per apprezzarne fino in fondo la grandezza artistica che, pur varcando i confini nazionali, rimane sempre fedele alla sua terra. 

Murer ha ben presente la tradizione artigianale locale quando scopre la sua passione per l’intaglio, la scultura e il disegno. Nella scuola d’arte di Ortisei si perfeziona. All’Accademia di Belle Arti di Venezia, accanto ad Arturo Martini, definisce la sua cifra.

Le sue creazioni sono il risultato di un lungo processo creativo che passa per un incessante lavorio grafico, fatto di schizzi, disegni, nuovi bozzetti su carta. 

Il legno, tra tutte, resta la sua materia prediletta. “Nei tronchi  – diceva – ho sempre veduto agitarsi tutte le altre forme di vita, già con i loro nodi nervosi, le vene ricche di linfe e di sangue. I rami mi sembravano mani protese in alto in un anelito di libertà”.

L’esperienza tragica della seconda guerra mondiale e soprattutto della Resistenza segnano il suo percorso artistico

Partigiano con la brigata dei fratelli Fenti, di cui sposa la sorella, Murer sceglie un’arte impegnata civilmente che non smette di gridare al mondo la brutalità delle dittature.

La forza espressiva della sua opera lo consacra come uno dei migliori scultori della Resistenza. 

Ne sono prova i monumenti commemorativi di Belluno, Caviola, Vittorio Veneto, Teramo e soprattutto la Partigiana realizzata per la città di Venezia, installata sull’acqua con un progetto di Carlo Scarpa, di fronte ai giardini dell’Arsenale. 

Ne è prova anche il bronzo di Rovigo. 

Lo attesta la numerosa committenza pubblica che si allarga oltre i confini nazionali.

Augusto Murer rimane per tutta la vita a Falcade e della sua montagna contribuisce a fare un punto di riferimento per l’arte contemporanea.

Lavora, partecipa a esposizioni collettive e personali, riceve premi e riconoscimenti. L’Ermitage nel 1982 lo invita ad esporre e ne consacra il valore a livello internazionale. Anche quando la malattia avanza non si ferma. Viaggia, Continua a scolpire. Per lui, il fine ultimo dell’arte è raccontare la vita in una sintesi perfetta di vigore plastico e di umanesimo della poetica.